mercoledì 7 giugno 2017

LETTERA AI MIEI STUDENTI DI QUINTA A.S. 2016/2017

(NON E') UNA LINEA D'OMBRA

05 giugno 2017

Tempo fa lessi un bellissimo libro di Joseph Conrad dal titolo "La linea d'ombra". Un romanzo breve, intenso, a tratti inquietante, ma che metteva bene in evidenza la psicologia e la maturazione del protagonista che, da primo ufficiale, si vede improvvisamente nominato capitano di una nave. Sarà compito suo coinvolgere e coordinare l’equipaggio, gestire gli imprevisti, affrontare le mille difficoltà di una navigazione che sembra impossibile. Infine, governare la nave e farla giungere fino in porto.


Tra le varie interpretazioni del libro, ‘la linea d’ombra’ rappresenta, per Conrad, il passaggio all’età adulta, una sorta di invisibile dogana che tutti noi, prima o poi, dobbiamo attraversare e oltre la quale ritroviamo noi stessi più maturi, più consapevoli, più consci della realtà e del mondo che ci circonda e di cui siamo parte.

Oggi, di queste dogane, ce ne sono davvero poche. Questa società avrebbe la tendenza a farci rimanere eterni adolescenti, eterni giovani, eterni irresponsabili. Senza età. Senza rughe. Senza storia.

Forse, tra i mille difetti e gli ampi margini di miglioramento che necessita, l’esame di maturità (come si chiamava una volta e come ostinatamente, affettuosamente, continuiamo a chiamarlo) è rimasto, anche nell’immaginario collettivo, la prima e unica linea d’ombra per un adolescente. C’è un prima e c’è un dopo la maturità. C’è un me stesso a scuola e un me stesso fuori dalla scuola.

Nei vostri occhi, alcuni dei quali si sono incrociati con i miei per quasi cinque anni, ho spesso letto impazienza, delusione, ansia, fatica, ma anche speranza, dolcezza, affetto, stima. In questi anni ho tentato di essere un insegnante, più che fare l’insegnante. Non credo di esserci sempre riuscito, ma spesso mi avete aiutato voi. Con la vostra testardaggine, la vostra incoerenza, il vostro rifiuto delle regole, la vostra rabbia, i vostri problemi mi avete più volte messo di fronte alla parte più debole di me. Quella che fa fatica ad accettare l'imperfetto che c’è in ciascuno (…che c’è in me). E in una magica alchimia ci siamo nutriti reciprocamente di errori, di incomprensioni e (perché no?), di fallimenti.

Ma ognuno di noi, credo, ne è uscito più forte, più consapevole, più maturo. Perché l’unica cosa che, in questo mondo, c’è di perfetto sono solo le intenzioni.

Fra una manciata di giorni le nostre strade si separeranno, non solo perché è inevitabile, ma soprattutto perché è giusto che sia così. Nel vostro cammino incontrerete di certo altre guide, altri maestri, nel  lavoro o all’università. Vi dovrete fidare di altre persone, affiderete loro un pezzo della vostra crescita, e presto realizzerete che sarà così per tutta la vita, perché mai finiamo di imparare dagli altri, mai la nostra vita sarà completa ed esaustiva. E voi stessi, a un certo punto, vi renderete conto di essere diventati guida e punto di riferimento per altri. Solo allora, forse, comprenderete il senso di responsabilità che noi, come insegnanti, abbiamo avuto in questi anni.

Per quanto mi riguarda, soprattutto in quest’ultimo anno, ho inevitabilmente plasmato il nostro rapporto lasciandomi influenzare dal mio essere padre. E, come un genitore, vi ho osservati crescere, ho tentato di spronarvi, spesso intromettendomi (a volte con forza) nella vostra ricerca, ma sempre cercando di mostrarvi il meglio di ciò che siete. Alcuni giorni vi ho rivelato anche quella parte del mio carattere che è esigente, severa, rigorosa, con l’unico obiettivo di generare in voi quella stessa autodisciplina che pretendo da me stesso. Perché è solo ampliando la propria zona di comfort, è solo vincendo la fatica mentale, è solo ponendosi degli obiettivi di valore che si diventa, un po’ alla volta, delle persone di valore.

Mi mancherete. Lo so già.

Mi mancheranno i vostri volti che mi chiedevano un interrogazione in più per alzare il voto. Mi mancheranno le domande di fisica e di matematica, poste in corridoio o davanti alla macchinetta del caffè, che andavano oltre il programma e a cui, a volte, non sapevo rispondere nemmeno io. Mi mancheranno i vostri sorrisi, le vostre pacche sulle spalle (come se a volte fossi io ad aver bisogno del vostro sostegno…e forse era proprio così), i vostri talenti (a volte, purtroppo, volutamente inespressi), la vostra compagnia, la vostra soddisfazione nell’aver risolto correttamente un esercizio o nell’aver capito un argomento di fisica, il vostro stupore per essere riusciti, attraverso lo studio delle mie materie, a comprendere un po’ di più il mondo che ci ruota attorno (…e dentro).

Mi mancherà, forse, anche quella forte incoerenza adolescenziale che vi caratterizza. Il vostro essere imperfetti e preziosi allo stesso tempo. Il vostro essere fragili e vigorosi, umili e spavaldi. Alla perpetua ricerca di un equilibrio che, probabilmente, arriverà quando forse servirà meno.

Vi auguro che possiate mantenere quella piccola dose di pazzia che vi consentirà di non sopperire in un mondo tremendamente normale e che, spesso, ci vuole stupidi, servi, uguali solo per farci comprare più spesso ciò che non ci serve e per omologarci a una massa orwelliana senza desideri e senza futuro. Un mondo che, a volte, non sempre, tende a incarcerare i nostri sogni in nome di una realtà alla quale ci dovremmo adattare invece di provare a cambiarla.

Ma voi combattete, e le vostre armi non siano la violenza, l’alienazione, il sopruso, l’estremismo (di qualunque matrice esso sia), bensì il vostro talento, la vostra intelligenza, la vostra curiosità, il vostro impegno. La vostra voglia di vita.

Non abbiate paura di sognare, di desiderare il bene per voi e per chi vi sta vicino.

Non abbiate paura di andare contro corrente, di fare scelte impopolari purché siano scelte di vita e che portano alla vita.

Costruite la vostra storia, che è solo vostra, e di nessun altro. Non cedete ai facili compromessi, alle comode strade già tracciate da altri, alla noia che paralizza, all’apatia che logora, alla svogliatezza che deprime, alla superficialità che instupidisce, al divertimento che consuma, alle relazioni che ammalano, alla massa che tutto omologa, tutto schiaccia, tutto spersonalizza, tutto ingoia.

E non abbiate paura di attraversare la vostra linea d’ombra, perché, diversamente da come la descrive Conrad, a me piace immaginarla come una linea di luce, oltre la quale vi aspettano altri capitoli da scrivere, altri percorsi da tracciare, altri volti da incontrare. Altra vita da vivere.

Grazie per aver condiviso con me, ognuno a modo suo, un pezzo del proprio cammino.

Vi voglio bene.

… il vostro, ormai, “ex” prof, Filippo…



(non è) una linea d'ombra.pdf